Stefania Colombo/ aprile 2, 2017/ articoli, Stefania Colombo/ 0 comments

Un bambino autistico ha bisogno  d’amore.
Ascolta il tuo cuore e imparerai a vedere il mondo dal suo punto vista.
Rinaldo Sidoli, su Twitter, 2015

  

In occasione della giornata mondiale sull’autismo mi è stato chiesto di scrivere un articolo su questo tema, perciò mi sono chiesta: che significa essere autistici?

Tante sono state nel corso degli ultimi anni le definizioni del disturbo autistico.

So che è un disturbo dello sviluppo neurobiologico, che impedisce a chi ne è affetto di interagire in maniera adeguata con le persone e con l’ambiente.

Chi è affetto da autismo vive in un piccolo mondo privato, isolato completamente o quasi dalla realtà che lo circonda.

Questo disturbo si manifesta con un’ampia gamma di livelli di gravità, tuttavia tutti coloro che ne sono affetti presentano tipiche difficoltà in tre aree:

1) Sociale: compromissione alterazione degli scambi sociali e delle interazioni con l’altro.

2) Comunicativa : alterazione e compromissione della qualità della comunicazione.

3) Comportamentale: modelli di comportamento e interessi limitati, stereotipati e ripetitivi.

Chi di noi non si ritrova almeno in parte nella difficoltà di interagire socialmente o di farsi capire, o chi di noi non ha mai avuto delle piccole manie o dei comportamenti ripetitivi?

Chi è il soggetto autistico dunque? Non siamo tutti un po’ autistici?

Tutti noi sempre più viviamo in piccoli mondi privati, isole separate in un grande oceano, ognuno di noi pervaso dalla paura di attraversare quel mare che ci porta verso l’altro.

Qual è la differenza sostanziale fra noi e una persona autistica? 

La differenza è che chi è affetto da disturbo autistico è prigioniero del suo piccolo mondo: non sceglie di starci.

Piccoli splendidi regni abitati da persone un po’ asociali, che fanno fatica a parlare, che non hanno subito voglia di guardarti negli occhi, ma poi all’improvviso ti accarezzano i capelli, e ti sorridono. Persone “difficili e imprevedibili” che per un nulla si sentano turbate da un rumore che percepiscono in modo diverso, persone geniali che a due anni sanno già leggere e a tre scrivono e fanno i conti, persone che terminano un puzzle di 1000 pezzi in manciate di minuti e poi si bloccano di fronte a una scarpa slacciata.

Persone piene di contrasti, come tutti noi del resto.

Anche a noi capita di essere bravissimi a tenere una conferenza a decine di persone e poi di sentirci bloccati di fronte a un ti amo del nostro partner, bravissimi a risolvere problemi quotidiani di ogni genere ma poi completamente in panne quando si tratta di sentire le nostre emozioni e quelle dei nostri figli.

Piccoli mondi incantati, che apparentemente non hanno una porta d’accesso i mondi autistici.

Fortezze inespugnabili le nostre.

Quindi anche noi, pur non essendo così speciali, spesso ci chiudiamo nel nostro mondo incantato, A volte sarebbe meglio dire ci isoliamo. Capita che perdiamo la strada. Non sappiamo più come andare verso altri mondi.

Per scrivere questo articolo mi sono informata, ho letto tante testimonianze e alla fine ho capito che una chiave d’ accesso a questi mondi c’è.

Grazie alle testimonianze di numerosi genitori ho capito.

Tutti dicono la stessa cosa: “mio figlio vive in un mondo tutto suo la cui lingua è il linguaggio del cuore”.

“La chiave della sua porta d’accesso è l’amore”

L’Amore ha permesso a questi genitori di mettersi in comunicazione con i propri figli autistici.

È stata la chiave d’accesso al loro cuore che gli ha permesso di creare un ponte fra il proprio e il loro mondo.

Ma allora io penso: non è forse vero che l’amore potrebbe anche essere la chiave d’ accesso a tutti i nostri piccoli mondi? 

Sì è proprio così, ma a differenza di una persona autistica il nostro cuore è una porta che si apre dall’interno, noi non siamo chiusi dentro, non dobbiamo aspettare necessariamente qualcuno che ci ami per uscire dal nostro piccolo mondo ed essere liberi.

Quante volte invece ci siamo comportati da persone autistiche aspettando che qualcuno aprisse il nostro cuore e entrasse nel nostro mondo. Spaventati dalla possibilità di non essere contraccambiati non ci arrischiamo a mettere la testa fuori dalla nostra porta di casa.

Io credo che questa forma di autismo sia quella vera e quella grave: quella che ci fa perdere il senso di noi e per gli altri. Quella che ci lascia indifferenti alle iniziative della collettività, alle nostre e alle altrui emozioni

Perciò il mio augurio per tutti noi in questa giornata mondiale dell’autismo è che ognuno apra il proprio cuore e poi si spinga fino alla soglia della propria casa, e poi scenda le scale ed esca per la strada e poi ancora si arrischi a bussare alle case altrui.

Forse in questo modo ci saranno meno bambini autistici soli, forse in questo modo saremo tutti meno soli.

Stefania Colombo

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