Stefania Colombo/ novembre 3, 2021/ articoli, Stefania Colombo/ 0 comments

Ho deciso di scrivere questo articolo dopo essere per caso incappata nella lettura di questa frase di Martin Luter King:
“Prima o poi arriva l’ora in cui bisogna prendere una posizione che non è né sicura, né conveniente, né popolare; ma bisogna prenderla, perché è giusta.”

A differenza di Martin Luter King io non so e non posso dire che la mia posizione sia giusta, ma credo che sia un bene esprimersi per confrontarsi e per creare “cultura”.

Sebbene io non sia un medico, o uno scienziato, o un’esperta di economia o di politica, sono comunque una psicoterapeuta, e posso dire di essere un’esperta di animi umani e di benessere psicofisico. È da questa mia esperienza che nascono queste mie considerazioni, riflessioni, pensieri critici, e da cui nasce anche questo appello a tutti coloro che vogliono ascoltare ed ampliare la propria visione, e confrontarsi.

Non voglio vendere nessuna verità, perché in questo tempo difficile anche per me è complicato distinguere la verità della menzogna, ne’ voglio convincere nessuno perché io stessa sono piena di dubbi. Vorrei solo stimolare una riflessione costruttiva perché si possa costruire un ambiente che promuova il benessere per tutti.

E’ con questo spirito che mi sono posta queste domande: Che cosa significa essere in salute? Cosa significa combattere la morte? La salute dell’essere umano è limitata all’evitamento della malattia o è un concetto che abbraccia più aspetti fino a riguardare il modo in cui stiamo nella vita in senso lato?

In questi giorni mi sono chiesta spesso cosa significhi essere in salute e vivere bene.

Non è facile definire il concetto di benessere, c’è chi lo identifica con la disponibilità di denaro, chi con l’amore, chi con la propria realizzazione nel lavoro, chi con la nascita di un figlio e la formazione di una famiglia, chi con una condizione di buona salute, ma lo sappiamo anche noi, possedere tutte queste cose non significa necessariamente essere felici, o stare bene appunto. Dalla mia esperienza di lavoro con le persone ho appreso che esiste qualcosa di più intenso ed autentico, vero motore del benessere, si tratta della libertà, ovvero della possibilità di sentirsi padroni della propria vita e del proprio destino.
Mi sento di affermare dunque che, per molte persone, il concetto di benessere sia profondamente legato al senso di libertà e di responsabilità personale.

Dato il tempo che stiamo attraversando, il tema del benessere non può non richiamare anche il tema della salute.

Ma cosa è la salute?
L’OMS afferma che per salute si intende uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale.
Tale definizione, che io condivido, non descrive la salute come un concetto “statico”, ovvero come assenza di malattia ma come un concetto “dinamico”, che riconosce cioè lo stato di salute come la possibilità di connessione e armonia a sé stessi, agli altri e all’ambiente in cui viviamo.

Mi chiedo dunque cosa stia succedendo attorno a noi. Possiamo veramente dire di vivere in un tempo in cui si sta promuovendo la salute e il benessere dei propri cittadini? O viviamo in una realtà che, per debellare una malattia ne sta creando delle altre, promuovendo la divisione, la non integrazione delle diversità, l’esclusione e la discriminazione in nome di una sicurezza comune.

La libertà individuale può essere davvero una minaccia per la collettività?
Questa domanda introduce un tema estremamente complesso, ultimamente spesso ridotto a semplicistica polarizzazione tra ottimisti e pessimisti (o peggio, fra negazionisti e allarmisti, o fra ProVax e NoVax.)

Nella ricerca della felicità, sostiene Mill, l’individuo è libero: libero di dissentire dalle idee predominanti, di lottare per affermare la propria singolarità, di respingere qualsiasi conformismo che la società imponga, ma a patto che non arrechi danno agli altri. Si aggiunge inoltre che la divergenza tra diversi punti di vista è alla base di una società aperta, come teorie rivali in campo scientifico, pluralità di opinioni e posizioni che danno la misura della vitalità del dibattito culturale e sociale e che permettono una vera ricerca del benessere del singolo e della collettività.

Pare dunque che la libertà individuale sia fondamentale a patto che non arrechi danno agli altri e  che l’ambiente promuova la possibilità di confronto, di dibattito, agevolando la circolazione di punti di vista differenti e non sostituendosi all’individuo o agli individui definendo a priori (cioè senza tenere in considerazione le diversità e le pluralità), ciò che è meglio per tutti.

Non pare dunque che la libertà del singolo e la sicurezza della collettività siano due concetti necessariamente in opposizione fra loro. A me pare piuttosto siano due nozioni complementari e circolari. Una società sicura è una società che promuove la libertà di ogni singolo individuo, garantisce e tutela i diritti di tutti, promuove e contiene le diversità in un armonioso insieme di differenze che coesistendo fra di loro creano la circolazione di un pensiero costruttivo e positivo che produce e promuove il benessere dei singoli e quindi anche della collettività.
A sua volta, un individuo libero è colui che attivamente ricerca confronti costruttivi, che sa stare e convivere con la diversità nel rispetto del benessere proprio e di quello della collettività. E’ un individuo che si impegna a costruire attorno a sé un ambiente rispettoso per gli altri (tutti gli altri) oltre che per sé stesso.

Da sempre noi psicoterapeuti sappiamo che, se viviamo in luoghi malati e in sistemi malati ci ammaliamo, perché l’essere umano è un essere sociale e il suo benessere non può prescindere da ciò che lo circonda, dagli ambienti in cui vive, dalle relazioni che abita.

In questo momento mi pare che si viva in una società che sfrutta il fatto che, per l’essere umano, spesso la salute fisica sia più importante della propria libertà e della libertà degli altri.
Viviamo in una società che dissemina paura (paura di ammalarsi, paura di perdere il lavoro, paura di fare scelte diverse).
E questa paura ci fa essere divisi, sospettosi, ci fa chiudere. Questa paura ci fa ammalare.
Molti dei miei pazienti si sentono sotto minaccia, manipolati, impauriti, dubbiosi, ansiosi, disperati, sfiduciati, depressi, discriminati.
Molti dei miei pazienti si sono sentiti costretti a scegliere fra la possibilità di lavorare, di studiare, di vivere e la possibilità di esercitare il loro diritto di prendere decisioni riguardo a come curare il proprio corpo.
L’essere umano non si ammala solo a causa di minacce esterne ma anche a causa di pressioni interne. L’essere umano è un essere sociale il cui benessere non può prescindere dal contesto in cui vive e dalla qualità delle sue relazioni.

Siamo dunque sicuri che per guarire dal COVID non stiamo ammalandoci di malattie ben peggiori?

 

 

 

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