Non c’è fine al mio stupore: questo stato d’animo è quello che più ho attraversato durante questo periodo di quarantena.
E una delle cose che più mi ha stupito è stata la “fame” di poesia che mi è presa. Sono sempre stata una lettrice accanita , ma la poesia non mi ha mai attratto.
Queste settimane sono state una continua scoperta dell’effetto balsamico che ha la poesia su di me.
Mi cura l’anima: io non ho il dono di saper scrivere poesie, ma leggerle, farle scivolare dentro, mi concede di cogliere la poesia che ci circonda fuori, quella bellezza improvvisa che può apparire ovunque e in qualsiasi situazione. Quella bellezza disponibile, e che i poeti sanno cogliere, è capace di risvegliare la stessa poetica bellezza che c’è in ognuno di noi.
Oggi voglio dedicarvi la poesia che ha dato parole al mio stupore.
Poteva accadere.
Doveva accadere.
E’ accaduto prima. Dopo.
Più vicino. Più lontano.
E’ accaduto non a te.
Ti sei salvato perché eri il primo.
Ti sei salvato perché eri l’ultimo.
Perché da solo. Perché la gente.
Perché a sinistra. Perché a destra.
Perché la pioggia. Perché un’ombra.
Perché splendeva il sole.
Per fortuna là c’era un bosco.
Per fortuna non c’erano alberi.
Per fortuna una rotaia, un gancio, una trave, un freno,
un telaio, una curva, un millimetro, un secondo.
Per fortuna sull’acqua galleggiava un rasoio.
In seguito a, poiché, eppure, malgrado.
Che sarebbe accaduto se una mano, una gamba,
a un passo, a un pelo
da una coincidenza.
Dunque ci sei? Dritto dall’animo ancora socchiuso?
La rete aveva solo un buco, e tu proprio da lì? Non c’è fine al mio stupore, al mio tacerlo.
Ascolta
come mi batte forte il tuo cuore.
Ogni caso – Wislawa Szymborska