“Ho cominciato la pratica del respiro per riportare la calma, per permettere al corpo e alla coscienza di guarire. Inspirare, espirare, nutrire e abbracciare. Abbracciare il corpo e abbracciare il dolore.”
Thich Nhat Han
Lavinia, da più di venti minuti, si sta lamentando ininterrottamente: sta male davvero e, ascoltandola attentamente, mi accorgo che sotto le lamentele c’è una forte ansia per la sua inamovibile interpretazione di un gesto di distrazione del compagno: la mancata telefonata della buonanotte dell’altro giorno è un chiaro e inequivocabile segnale di disinteresse nei suoi confronti e il suo antico terrore dell’abbandono è già in agguato.
Mentre Lavinia mi parla non è più nel 2018, quel gesto disattento l’ha riportata indietro di tanti anni, a come si sentiva da bambina con una mamma molto fredda e un padre totalmente assorbito dal suo lavoro.
Le ho chiesto di fermarsi, di chiudere gli occhi e ascoltare il proprio respiro. Con il respiro ha esplorato il suo cuore accelerato e il torace contratto per la paura. Le ho suggerito di non allontanarsi da quelle sensazioni ma di accarezzarle con il respiro: piano, piano il cuore ha rallentato e la contrazione del torace si è un pochino allentata, solo poco.
Io e lei sappiamo che, in questo momento, le è impossibile distendere i muscoli della gabbia toracica che proteggono il suo cuore. Ma non è questo il punto, comunque Lavinia si è ritrovata, con la sua antica paura, ma anche con la possibilità di prendersene cura non abbandonando sé stessa. Si è sentita e si è vista, si è ascoltata. E’ stata presente a sé stessa e alla propria verità corporea e si è anche tranquillizzata. Quando siamo nel corpo siamo nella realtà che, molto spesso, è meno complicata di quello che la nostra mente immagina.
Semplicemente, fermarsi a respirare per pochi minuti è ritrovarsi. Tutti noi respiriamo male, i blocchi cronici e le tensioni muscolari che ci attraversano il corpo impediscono un libero fluire del respiro che può essere corto, affannato o poco profondo. Oppure può essere poco fluido, coinvolgere solo la pancia o solo il torace, stringersi a livello della gola.
Sembra che solo i bambini e gli animali respirino liberamente e con tutto il corpo.
Tutto questo però non importa, perché sentire il proprio respiro significa comunque sentire la propria vita, il proprio esserci. Noi siamo il nostro corpo e il respiro è la strada che connette la nostra coscienza al nostro corpo. È il ponte che collega la vita alla coscienza e può unire il corpo ai nostri pensieri. Respirare non è solo una funzione ma è proprio l’atto della vita.
Le antiche tradizioni sapevano che il respiro ci mette continuamente in contatto con ciò che siamo e con ciò che apparentemente è fuori di noi ma che in realtà vibra con noi continuamente.
In “Espansione e integrazione del corpo” Alexander Lowen, il fondatore dell’analisi bioenergetica, si riferisce alla bioenergetica come ad una via che non ci porta in un altro luogo, ma in ciò che noi siamo, nel corpo.
Quando siamo poco in contatto con noi stessi la fisiologia della respirazione è maggiormente modificata dagli aspetti psicologici. Inconsapevolmente blocchiamo l’inspirazione o l’espirazione per sentire meno e questo diminuisce la vitalità.
Federica mi sta raccontando di un problema sorto con una collega. È molto arrabbiata e continua ad inspirare fortemente, in realtà nel suo corpo può entrare pochissima aria nuova perché non espira. Il suo petto resta gonfio, combattivamente proteso in avanti.
Ha alle spalle una storia con un padre violento e una madre incapace di difenderla: nei momenti di stress lasciare andare il respiro è vissuto come un arrendersi al pericolo di essere sopraffatta. Lavoriamo insieme sull’espirazione, perché possa tornare a respirare più profondamente, sentire la sua energia e i suoi confini.
Inspirazione ed espirazione sono la nostra possibilità di prendere dall’esterno ciò che ci serve e lasciare andare ciò che non serve più per poterci rinnovare e lasciare spazio al cambiamento, al nuovo.
In ogni inspirazione c’è qualcosa di nuovo che entra, è un inizio, ed ogni espirazione è un lasciare andare perché un nuovo inizio possa accadere.
Così come è nella vita: possiamo prendere ma dobbiamo anche restituire e condividere per fare spazio, altrimenti accumuliamo e la nostra vita in realtà si restringe.
La paura di protendersi verso il mondo rende minima l’inspirazione, mentre la paura di lasciarsi andare o lasciare andare rende difficile espirare in modo completo.
Il semplice ascolto del proprio respiro è una antica pratica, semplice ma profonda, e possiamo farla in qualunque situazione ci troviamo, anche solo per qualche minuto.
Solo un’ultima raccomandazione: ascoltate il vostro respiro accogliendolo per quello che è momento per momento, senza giudizio o ansia da prestazione, perché non esiste altra strada che partire da ciò che c’è adesso, in questo momento.
“Quando ti alzi al mattino, pensa quale prezioso privilegio è essere vivi:
respirare, pensare, provare gioia e amare.”
Marco Aurelio